sabato 13 settembre 2008

Dollaro statunitense
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Dollaro statunitense
Nome locale: United States dollar

Moneta da 1 cent Banconota da 1 dollaro
Codice ISO 4217: USD

Stati: Stati Uniti d'America,
Ecuador, El Salvador, Guam, Is.Marshall, Micronesia, Is.Marianne Sett., Palau, Panama, Porto Rico, Samoa Americane, Timor Est, Is.Turks e Caicos, Isole Vergini, Terr. Brit. Oceano Indiano
Simbolo: $ o US$
Frazioni: 100 cents (e 10 dimes)
Monete: 1¢ (penny), 5¢ (nickel), 10¢ (dime), 25¢ (quarter)
, $1, 50 c (rari)
Banconote: $1, $5, $10
$20, $50, $100
$2 (rari)
Entità emittente: Federal Reserve Bank
In circolazione dal: 6 luglio 1785

Tasso di cambio:
23/05/2008 1 EUR = 1,5776 USD


Lista valute ISO 4217 - Progetto Numismatica


Il dollaro statunitense è la valuta ufficiale degli Stati Uniti d'America. È anche ampiamente utilizzato come valuta di riserva al di fuori degli Stati Uniti. Il simbolo comunemente usato per il dollaro statunitense è ($). Il codice ISO 4217 è USD.

Il dollaro è diviso in 100 cents. Originariamente era ulteriormente suddiviso in 1000 mills, utilizzati fino a quando la seconda guerra mondiale non rese l'alluminio troppo costoso per essere utilizzato come metallo da conio (e l'inflazione crescente li rese di valore insignificante).

Attualmente, le denominazioni pari o inferiori a un dollaro sono emesse in moneta, mentre quelle uguali o superiori a un dollaro sono emesse in banconote (esiste sia la moneta che la banconota da un dollaro, anche se la seconda è più comune).

Le banconote moderne sono stampate dalla Federal Reserve fin dal 1929. Le banconote con denominazione superiore ai 100$ non sono più stampate dal 1946.Indice [nascondi]
1 Storia
2 Uso internazionale del dollaro statunitense
2.1 La moneta tipo dopo la seconda guerra mondiale
3 Origine del termine
4 La crisi del dollaro e il rischio di crollo economico
5 Altri progetti


Storia [modifica]

Un Morgan Dollar in argento del 1879Denominazione ($) Ritratto
1 George Washington
2† Thomas Jefferson
5 Abraham Lincoln
10 Alexander Hamilton
20 Andrew Jackson
50 Ulysses S. Grant
100 Benjamin Franklin
500† William McKinley
1 000† Grover Cleveland
5 000† James Madison
10 000† Salmon P. Chase
100 000† Woodrow Wilson
†Non in circolazione.


Il dollaro venne unanimemente scelto come unità monetaria degli Stati Uniti il 6 luglio 1785. Fu la prima volta che una nazione adottava un sistema decimale per la valuta.

In modo particolare, aneddoti singolari sono legati alla simbologia usata nella banconota da 1$. Introdotta da Roosevelt al posto della moneta di medesimo valore, la banconota ne riprende i simboli. Tali simboli sono strettamente legati alla massoneria, mentre dalla moneta alla banconota viene trasferito il simbolo del Gran Sigillo degli Stati Uniti d'America. Alla sinistra della banconota appaiono la piramide (la faccia anteriore della piramide è sempre di forma triangolare: il triangolo viene in questo caso paragonato alla Trinità, e dunque alla perfezione) e l'occhio onniveggente (solo Dio è onniveggente: la massoneria non è un'associazione culturale inter-religiosa: i suoi appartenenti affermano la loro fede giurandone, dinnanzi a Dio, fedeltà). Sotto alla piramide vi è una scritta (Novus Ordo Seclorum) e sulla base una data: 1776 (data di fondazione degli Stati Uniti d'America). Il numero 13 ricorre spesso e indirettamente sulla banconota. La suddetta piramide, infatti, è composta da 13 gradini, interrotti nel mezzo. Ogni gradino ha un valore di 13 anni. Lo spazio tra alcuni gradini corrisponde a due periodi luttuosi, ciascuno di 13 anni (dal 1958 al 1984), in conseguenza dei quali Eisenhower fece aggiungere sulla banconota la frase "In God we trust" (Noi confidiamo in Dio). Un'espressione al di sopra della piramide è composta da 13 lettere. È anche rappresentato uno scudo dei 13 Stati che erano stati fondati fino ad allora. A simboleggiare quegli Stati vi sono 13 stelle. Il numero 13 era un numero importante per gli americani che hanno "visto" la Costituzione: dal punto di vista della cabala non ha una valenza positiva. Non è tanto un riferimento alle 13 colonie, quanto piuttosto una volontà di costruire uno Stato laico.

Un Eisenhower Dollar del 1978-il dritto

Il rovescio dello stesso

Fino al 1974 il valore del dollaro era legato a quello dell'argento o dell'oro o a una combinazione dei due. Dal 1792 al 1873 il dollaro era supportato liberamente da oro e argento, in rapporto di 15 a 1, con un sistema chiamato bimetallismo. Attraverso una serie di cambiamenti legislativi avvenuti tra il 1873 e il 1900, l'importanza dell'argento fu via via diminuita fino all'adozione formale del gold standard. Il gold standard sopravvisse, con molte modifiche fino al 1974. Oggigiorno, come per la valuta di quasi tutte le nazioni, il dollaro non ha valore intrinseco.

La Federal Reserve iniziò a emettere valuta, supportata dal dollaro spagnolo, durante la guerra di secessione americana (1862). Queste banconote, conosciute come greenbacks per il colore verde del retro, diedero inizio alla tradizione statunitense di stampare la valuta in verde. Contrariamente alle altre nazioni tutte le banconote statunitensi sono state stampate con lo stesso colore per la maggior parte del XX secolo.

Il 4 giugno 1963, il presidente John Fitzgerald Kennedy firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che dava allo stato USA il potere di emettere moneta senza doverla "chiedere in prestito" alla Federal Reserve. Kennedy scelse come riserva monetaria l'argento. La moneta nel progetto di Kennedy aveva costo zero per lo Stato (invece che indebitarsi verso la FED) in quanto i certificati d'argento erano dollari USA, non obbligazioni sulle quali lo Stato pagava gli interessi. Viceversa la moneta della FED era prestata al Governo applicando un tasso di interesse. Diversamente dalla moneta della FED, era poi una moneta convertibile. Con il provvedimento il Tesoro statunitense, tornava ad emettere moneta come era avvenuto dalla fine della guerra di secessione fino agli anni '30 prima della costituzione della Federal Reserve. Presso la Corte suprema non furono sollevati quesiti di anticostituzionalità contro questo provvedimento.

20$ 2004 fronte

20$ 2004 retro

L'ordine dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro". Questo voleva dire che per ogni oncia di argento nella cassaforte del Tesoro, lo stato poteva mettere in circolazione nuova moneta. In tutto, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi di dollari. Le conseguenze furono enormi. Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New York. Se fosse entrata in circolazione una quantità sufficiente di questi certificati basati sull'argento, questa avrebbe eliminato la domanda di banconote della Federal Reserve. L'ordine esecutivo 11110 avrebbe probabilmente impedito (se non cancellato) al debito pubblico di raggiungere il livello attuale, poiché avrebbe dato al Governo la possibilità di ripagare il debito pubblico senza essere gravato dall'interesse richiesto da questa banca privata per la creazione di nuova moneta (Tasso di sconto). Il debito cresce in quanto gli Stati chiedono nuovi prestiti di moneta non solo per le necessità correnti, ma per ripagare gli interessi (il tasso di sconto). L'ordine esecutivo 11110 dava agli USA la possibilità di crearsi la propria moneta garantita da argento. Kennedy fu assassinato dopo appena cinque mesi e non vennero più emessi certificati garantiti da argento. L'ordine esecutivo non venne mai cancellato da nessun presidente attraverso un altro ordine esecutivo, quindi è ancora valido anche se non viene utilizzato[citazione necessaria].

Le moderne banconote statunitensi, indipendentemente dalla denominazione, misurano 6,63 cm. in larghezza, 15,6 cm. in lunghezza e 0,11 mm. in spessore.

Il 13 maggio 2003, la Federal Reserve annuncia l'introduzione di una banconota da 20$ a colori (la prima dal 1905). La scelta è dettata dalla necessità di contrastare la crescente contraffazione. Le nuove banconote sono entrate in circolazione il 9 ottobre 2003. Altre banconote da 50$ e 10 $ sono state introdotte nel 2004 e 2005, ognuna con differenti schemi di colori.

Uso internazionale del dollaro statunitense [modifica]

$5

$10

20$

100$

Alcune nazioni al di fuori della giurisdizione statunitense usano il dollaro statunitense (USD) come valuta ufficiale. Queste nazioni includono: Ecuador, Palau, Timor Est, Panamá e gli Stati Federati di Micronesia. L'Argentina usò un tasso di cambio fisso 1:1 tra il Peso Argentino e il dollaro Statunitense dal 1991 al 2002. Il tasso di cambio del dollaro di Hong Kong è stato mantenuto fisso fino ai primi anni ottanta, e il renminbi usato dalla Repubblica Popolare Cinese è stato informalmente ancorato al dollaro fin dalla metà degli anni novanta.

Il dollaro è inoltre usato come unità valutaria standard sui mercati internazionali per la quotazione di beni come l'oro e il petrolio.

La moneta tipo dopo la seconda guerra mondiale [modifica]
Luglio 1944: sorgono il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Internazionale per la Cooperazione e lo Sviluppo (poi Banca Mondiale). Ogni Stato aderente deve nel mondo. L'Unione Sovietica decide di non partecipare al sistema a causa della debolezza in cui si viene a trovare alla fine della guerra.

Durante la seconda guerra mondiale, gli USA accumularono una notevole riserva di oro, chiesto in pagamento degli aiuti del piano Marshall.
20 aprile 1933: Roosevelt emanò l'atto di emergenza per la attività bancarie, il quale ritirava gli USA dal sistema monetario aureo. Ottenne così due risultati: impedire la convertibilità delle banconote in oro per i cittadini statunitensi, permettendo però ai paesi stranieri di convertire i loro dollari in oro in qualsiasi momento, e rendere illegale la proprietà privata di oro, con l'eccezione dei collezionisti di monete rare. In pratica, nel sistema finanziario statunitense ci fu un spostamento da uno sistema di rendiconto che prevedeva l'oro come barriera al debito in eccesso, ad un sistema nel quale non c'era nessun rendiconto.

Nel 1933, Roosevelt avvia il New Deal, un programma di spesa pubblica in disavanzo sostenuto dalla teoria kennesiana e quasi interamente finanziato con debiti dello Stato verso banche private. John Maynard Keynes pubblica nel 1936 il suo libro fondamentale (The general theory of employment, interest and money), ma già in passato era influente economista e consigliere personale di Roosevelt. Si crea la prima componente del debito pubblico cui seguirà quello di imprese e privati cittadini, in crescita dopo gli anni '70. Tale debito (di Stato, imprese e cittadini) pone oggi il dollaro a rischio di svalutazione.

Sempre negli anni '30, inizia la doppia quotazione dell'oro: internamente agli Stati Uniti e agli altri Stati il prezzo viene determinato dal mercato; per le transazioni internazionali il prezzo dell'oro è quello fisso di 35 dollari/oncia degli accordi di Bretton Woods.

A partire dagli anni '30, ininterrottamente fino ad oggi, l'oro come il petrolio si comprano e vendono esclusivamente in dollari alle borse di Londra e New York.

Sotto Bretton Woods, era d'obbligo tenere i dollari a riserva e dunque era nota la somma di dollari in possesso delle banche straniere, quantità prevalente della massa di dollari esistente fuori dagli USA. Inoltre, i dollari circolanti in USA (come ogni moneta circolante dentro uno Stato) erano un dato disponibile poiché la massa monetaria era ed è decisa dalla FED. Al tempo di Roosevelt era già risaputo che le oncie d'oro dichiarate nella riserva della FED non erano sufficienti né a convertire il totale dei dollari esistente (dentro e fuori USA), né quelli in possesso di stranieri. Nemmeno una forte svalutazione da 30 a 300 dollari/oncia avrebbe reso Bretton Woods un sistema di cambi sostenibile. Era chiaro che prima o poi la convertibilità sarebbe finita; l'aumento successivo dell'emissione di dollari (da convertire) accelerò questo processo.

Il provvedimento di Roosevelt parlò, infatti, di Gold Window (chiusa da Nixon, 40 anni dopo) come periodo di transizione per il ripagamento di una parte dei dollari in possesso di investitori stranieri (quelli che l'oro disponibile poteva ripagare).
Con la guerra in Vietnam e la crescita economica di Germania e Giappone, gli USA necessitano di finanziamenti eccezionali; l'indebitamento a causa delle guerre costrinse a coniare ingenti quantità di dollari e a svalutare la moneta, fissando un cambio inferiore rispetto all'oncia d'oro (e quindi alle altre valute) perché la riserva d'oro doveva bastare per una massa circolante di moneta molto più alta.

Per tentare di mantenere il sistema creato a Bretton Woods, si organizza un pool di banche centrali che mantengono il corso del cambio del dollaro sull'oro a 35 $ l'oncia, comprando titoli di Stato USA in caso di perdita e vendendoli in caso di risalita. La Francia si ritira dal pool nel 1967.
15 agosto 1971: il presidente statunitense Richard Nixon annuncia che nemmeno i dollari degli stranieri sono più convertibili in oro. La soppressione della convertibilità totale del dollaro in oro è per alcuni una dichiarazione implicita di bancarotta.

Banconote Statunitensi - "Greenbacks"

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Dopo la guerra del Vietnam, vi era ormai più moneta circolante che riserve di metallo nella banca centrale che non poteva più assicurare la convertibilità della moneta in oro (ovvero che un ipotetico cittadino si presentasse alla banca centrale, restituisse la banconota in dollari e chiedesse in cambio un'analoga quantità d'oro). Il gold standard poneva fine agli accordi di Bretton Woods con un'uscita unilaterale degli Stati Uniti.

Di quegli accordi, continuava però a valere l'obbligo di tenere i dollari a riserva. Gli Stati stranieri non potevano spendere i dollari di cui erano in possesso, chiederne il cambio con la moneta nazionale né con l'oro; potevano investirli nelle banche statunitensi oppure in Treasury Bond USA.

La coniazione di dollari aveva subito una forte crescita per finanziare i conflitti statunitensi nel dopoguerra (una guerra ogni due anni, dopo il 1945), con una crescita più marcata per la guerra in Vietnam. Il gold standard causa immediatamente una rivalutazione del marco e dello yen.

Contestuale è la crisi petrolifera del 1974. I Paesi OPEC ridussero drasticamente la produzione di petrolio, causando una crisi energetica mondiale. Il prezzo al barile e delle importazioni quadruplicò.

All'epoca il petrolio si commerciava soltanto in dollari: con la crisi petrolifera, quadruplicò la domanda mondiale di dollari (a parità di fabbisogni) e il cambio del dollaro si risollevò notevolmente, dopo il crollo detto prima su marco e yen a seguito del gold standard. Prima e dopo il gold standard e la crisi energetica, i Paesi OPEC continuarono a farsi pagare il petrolio in dollari e a investire i petrodollaro nelle banche e titoli di stato statunitensi. Non si trattò affatto di uno scontro fra mondo arabo e USA.

I Paesi arabi non scelsero di vendere il loro petrolio in una moneta diversa dal dollaro, nemmeno dopo il gold standard. Prima del '74 la maggior parte dei petrodollari tornavano in USA ed erano convertiti in oro. Dopo il '74, i produttori arabi iniziarono a investirli in Treasury Bond e in banche statunitensi, sostenendo il cambio del dollaro attuale.
13 marzo 1979: creazione del Sistema monetario europeo (Sme) per ridurre i margini di fluttuazione delle monete europee tra loro. Contemporaneamente, la Riserva federale statunitense inaugura una politica del "dollar forte" con il deciso aumento dei tassi d'interesse. Partito a da un cambio di 1:4 rispetto al franco, il dollaro arriva al valore di 10:4 nel 1985.
Settembre 1985: accordi del Plaza (dal nome dell'hotel dove ebbe luogo la riunione), miranti a far abbassare il valore del dollaro; seguono alle gravi crisi legate al debito estero nell'America latina.
1 gennaio 1999: nascita dell'euro. Ricomincia la politica di deprezzamento del dollaro, per favorire l'economia interna statunitense.
2001: viene messa in circolazione la moneta da 1 dollaro che però non sostituirà la famosa banconota.

Attualmente il dollaro resta la principale valuta di riserva. Secondo l'economista Paul Samuelson, la richiesta di dollari all'estero permette agli Stati Uniti di mantenere un deficit commerciale persistente senza avere un deprezzamento della valuta o un riaggiustamento dei flussi commerciali.

Diversamente dal collocarsi su una nuovo punto di equilibrio previsto dal concetto di bilancia commerciale, il dollaro non si è svalutato nella misura prevista. Il tasso di cambio con le altre monete è poco sensibile a questo deficit della bilancia commerciale se commisurato a quanto ammonta il saldo esportazioni-importazioni.

Gli Uffici di cambio (che dipendono dalle Banche Centrali) dei Paesi esportatori verso gli USA raccolgono i dollari che fatturano le loro multinazionali (in USA vendono le merci contro moneta locale, dollari) e li mettono nella riserva (di valuta estera) della Banca Centrale; la Banca Centrale non chiede di cambiare i dollari nella moneta nazionale, ma li mette in circolazione per comprare petrolio; i Paesi produttori di petrolio non chiedono alla FED di cambiare i petrodollari nella moneta locale dei Paesi Arabi, ma tengono i proventi del petrolio in conti correnti denominati in dollari e in buona parte investiti in titoli del Tesoro e azioni USA.

Fondamentalmente i dollari emessi non si presentano al cambio condizionando il valore del dollaro sulle altre monete. D'altra parte sono investiti in titoli di lungo o in azioni che non vengono scambiate a forte frequenza: per cui quei dollari non sono nemmeno moneta circolante che produrrebbe inflazione rientrando in America.

Il retro di un dollaro statunitense, da notare la piramide divisa in due, simbolo della Massoneria

Gli accordi di Bretton Woods imponevano alle banche centrali di tutto il mondo di tenere dollari a riserva senza poterli cambiare presso la Federal Reserve in cambio della moneta nazionale. Dal gold standard di Nixon, gli accordi di Bretton Woods non sono più in vigore; tuttavia, il dollaro è ancora la principale moneta di riserva (51% delle riserve mondiali in valuta estera) poiché il petrolio è contrattato esclusivamente in dollari presso l' International Petroleum Exchange (IPE) di Londra o la NYTMEX di New York.

In queste borse si stabilisce il prezzo al barile ed è unicamente possibile agli operatori acquistare partite di petrolio e gas. Le banche centrali devono tenere notevoli quantità di dollari per gli approvigionamenti nazionali. Di recente l'Iran ha in progetto l'apertura di una borsa in cui la compra-vendita della merce petrolifera avverrà in euro, una valuta alla quale non corrisponde un deficit commerciale così elevato. Dal marzo 2007 alcune banche iraniane trattano in euro le transazioni commerciali. Analoghe decisioni sono al vaglio di paesi come Libia e Venezuela.

Pare che anche il presidente Putin intenda realizzare una Borsa per la compravendita in rubli del petrolio e gas della Russia. Dal luglio 2006 la Banca Centrale Russa ha avviato la convertibilità del Rublo verso le altre divise.

Origine del termine [modifica]

Un dollaro con l'effige di George Washington

Il nome del dollaro statunitense deriva dal dollaro spagnolo (che a sua volta deriva dal termine tallero), una moneta d'argento largamente diffusa durante la guerra di indipendenza americana. Anche se le banche private emettevano valuta supportata dal dollaro spagnolo, il governo federale non lo fece fino alla guerra di secessione. Il famoso simbolo $ era impresso sulle monete spagnole da cui derivava e rappresentava le Colonne d'Ercole, che la Spagna aveva dovuto superare per andare alla scoperta dell'America.

La crisi del dollaro e il rischio di crollo economico [modifica]

Gli USA sono il maggior importatore di petrolio della Russia e acquirente di beni cinesi. Cina e Russia negli ultimi venti anni hanno accumulato una enorme riserva di dollari presso la banca centrale, che rischiano di perdere dal 25 al 40% del loro valore, se il dollaro venisse svalutato. La Russia sta già creando un'alternativa al dollaro come moneta di riserva: grazie agli ottimi rapporti con la Germania (nonché agli storici legami tra questi due paesi), la Russia sta diversificando da circa un lustro le proprie riserve accumulando euro e cedendo Dollari. La Cina, viceversa, detiene enormi riserve di Dollari (così come le detengono i Paesi arabi), per cui la diversificazione monetaria è pur sempre possibile, sebbene scoraggiata dal rischio di perdere ingenti capitali qualora la diversificazione dovesse esser spinta oltre un certo limite. Pur tuttavia, la Cina ha espresso recentemente (2006) l'intenzione di diversificare maggiormente il proprio deposito di valuta straniera, in sèguito a contrasti molto accentuati col governo statunitense che ha bloccato l'acquisto di un'impresa statunitense di perforazioni petrolifere off shore. La Cina si troverà inevitabilmente di fronte al dilemma se continuare ad accumulare Dollari sempre meno appetibili come valuta di riserva o se diversificare in modo assai maggiore col rischio implicito di perdere parte del valore del capitale accumulato a causa della conseguente inflazione che si verificherebbe.

Viceversa, la svalutazione del dollaro avrebbe l'effetto di rendere meno convenienti le importazioni di beni (russi e cinesi) e rallentare queste economie, come quelle europee che si reggono molto sulle esportazioni e sul tenore di vita statunitense, per taluni consumistico.

Svalutare il dollaro significa emettere meno dollari, ossia meno titoli di debito di quelli necessari a rifinanziare il debito attuale. La svalutazione genera allarme nei creditori che rischiano di non incassare il loro "credito commerciale" in dollari (gli interessi sui titoli di debito statunitensi).

Ciò non avviene necessariamente; avviene in un sistema che emette moneta credito, ossia contro titoli di debito pubblico.

La svalutazione in sé porta ad un nuovo equilibrio del saldo delle partite correnti e di una bilancia commerciale pesantemente in deficit.

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